Tesi finale

Operatore Olistico MaternoInfantile

Mammole Scuola di Formazione

“IL FITNESS CONSAPEVOLE A SOSTEGNO DELLA DIADE”

 

Elisa Poggi

 

INDICE:

INTRODUZIONE.. 3

1      La sicurezza affettiva. 5

1.1       Che cos’è la sicurezza affettiva ?. 5

1.2       Le basi teoriche.  Da Winnicott, ad Harlow, a Bowlby, ad Isabelle Filliozat. 7

1.3       Gli strumenti ed i gesti per veicolare e rafforzare l’attaccamento : 9

1.3.1        il contatto mamma-bambino ed i benefici del babywearing nel rafforzare il legame. 9

1.3.2        l’allattamento nella costruzione della sicurezza affettiva. 12

1.3.3        la rete e il supporto alla madre nel sostegno e rafforzamento della diade. 14

2      Il ruolo del fitness nel benessere della diade e nella costruzione della sicurezza affettiva del bambino. 17

3      Il fitness consapevole post natale e il benessere mamma-bambino nella pratica : 20

3.1       L’accompagnamento personalizzato della donna tramite ascolto e senso: l’operatore come educatore alla consapevolezza. 20

3.2       Verso la consapevolezza corporea con e grazie al bambino : la diade in movimento. 24

3.2.1        Esempi di esercizi di remise en forme con il bambino. 26

3.2.2        Camminata con il bambino in fascia : un altro esempio di partecipazione del bambino per il benessere della diade. 30

CONCLUSIONI 35

FONTI 37

 

 

INTRODUZIONE

                                                                        

“La prima volta che sei nata tu, io sono nata per la seconda volta”

Vincent Cuvellier

 

Il principio della vita non è individuale ma è duale, poiché la primissima forma di interazione dell’uomo è rappresentata dalla diade, un legame ed una comunicazione affettiva che costituiscono un vero e proprio micro-cosmo. La relazione madre-bambino si nutre di emotività, vocalizzazioni ed espressioni in un periodo di condivisione e dipendenza totali, dell’essere due in uno, preludio indispensabile per la futura indipendenza e sicurezza fisica, emotiva ed affettiva del bambino.

Questo legame inizia nel ventre materno e, dopo il parto, l’esogestazione completerà l’endogestazione. L’integrità e l’equilibrio dell’essere umano sono strettamente correlati a quella necessità biologica di contatto ed attaccamento sicuro ad un referente affettivo stabile. Il bisogno di contatto e l’esperienza corporea vissuta nella diade sono il veicolo principale per il futuro sviluppo del bambino e le sue relazioni sociali. Ma affiché il legame della diade possa costruirsi e rafforarsi con sicurezza, la madre ha bisogno di ascolto, tempo ed accompagnamento. Dal suo benessere dipende il benessere del bambino.

In un fase così delicata come quella del dopo parto, la donna è invasa da moltissime emozioni e cambiamenti, nella vita sociale, di coppia, lavorativa, nonché a livello fisico ed emotivo. La vulnerabilità e la fragilità affiancano la gioia ed il benessere della maternità.

Questa fragilità può mettere a rischio il benessere della diade e la madre può sentirsi spaesata e sola di fronte alle incombenze genitoriali, al giudizio ed alle aspettative.

Per questo motivo è importante concentrarsi sul benessere materno, alla base della sicurezza affettiva ed emotiva della diade.

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Un aspetto essenziale del benessere della madre è sicuramente rappresentato dal ri-sentire il proprio corpo, dal ritrovarsi, in modo consapevole e sereno.

L’obiettivo di questo elaborato è quello di mettere in luce l’importanza dell’attività motoria nelle gravidanza e nel puerperio per il benessere e lo sviluppo del legame madre-bambino.

Diversi studi indicano che il livello di partecipazione delle donne ai programmi di esercizio fisico diminuisce dopo il parto.

La stanchezza, la mancanza di tempo, la mancanza di sostegno da parte del coniuge/partner e del proprio entourage, l’isolamento sociale, le responsabilità familiari sono elementi che mettono la salute, mentale e fisica, della donna in secondo piano. Inoltre, la mancanza di operatori preparati e proposte specifiche per la puerpera sono barriere che limitano la partecipazione della neomamma alla pratica sportiva.

La carenza di linee guida nei decenni passati e un’immagine diffusa del fitness come “estetico”, proposto dai modelli di massa, che mira alla forma fisica ed alla performance, a discapito del benessere e dell’individualità della persona, hanno spesso scoraggiato le donne ad intraprendere o continuare un’attività motoria nel post-parto.

Un lavoro importante, che sta dando i suoi frutti negli ultimi anni, è quello di sviluppare e proporre alla madre un approccio che porta l’attività motoria verso il sentire e la consapevolezza.

Questo modello di fitness consapevole è un contributo importante nel percorso della donna nel suo ruolo di genitore. Inoltre, la promozione della partecipazione del bambino all’attività motoria, permettendo di non farne più un ostacolo ma un compagno di viaggio agli occhi della madre, favorendo un’ulteriore occasione di condivisione e contatto, non potrà che essere un beneficio nella costruzione della diade.

Possiamo quindi affermare che il fitness nella gravidanza e nel puerperio, in chiave consapevole, individualizzata, empatica, ha una stretta correlazione con lo sviluppo armonico della diade e con un attaccamento affettivo sicuro e stabile del bambino verso la madre ?

 

1        La sicurezza affettiva

1.1      Che cos’è la sicurezza affettiva ?

La nascita della diade e la costruzione di un attaccamento sicuro e stabile, già a partire dalla gravidanza.

Quando parliamo di sicurezza affettiva, o emotiva, parliamo di un legame fra due persone che si crea grazie al tempo, all’attenzione ed alla regolarità. È attraverso questa sicurezza che il bambino trova la forza di crescere, scoprire il mondo che lo circonda ed avere fiducia in sé.

Se prima degli anni ’50 la fragilità psicologica del bambino non era presa in considerazione e si pensava che bastasse rispondere a bisogni di base, quali nutrimento, sonno ed igiene, per la cura e la crescita di un neonato, da più di mezzo secolo sono molteplici gli studi e le esperienze che si concentrano sull’importanza e la necessità di quello che possiamo definire “attaccamento” o “sicurezza affettiva” del bambino verso il suo caregiver. Le neuroscienze hanno permesso di consolidare ulteriormente questi studi.

Da Winnicott, ad Harlow, a Bowlby, molti sono gli esempi delle teorie che gettano le basi di un legame necessario e consapevole tra la madre ed il suo bambino, per un sano sviluppo delle competenze cognitive, sensoriali, sociali ed intellettuali del neonato.

Infatti, solo un attaccamento sicuro, stabile e continuo permette uno sviluppo emozionale e sociale coerente, nonché una base di sicurezza vitale per ogni essere umano.

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La sicurezza affettiva inizia proprio dalla presenza fisica e psichica della madre, del padre o del caregiver di riferimento. Nasce dalla diade. Possiamo parlare di condivisione sensoriale, al cuore della relazione umana, dove l’adulto é con il bambino, attento ai suoi sguardi, respiri, ritmi, versi e gesti. È uno scambio verbale e non-verbale che passa inevitabilmente dal contatto. La visione dell’accudimento cambia radicalmente di fronte alla consapevolezza dei benefici di questo scambio tattile e fisico, per il neonato così come per i genitori.

Possiamo affermare quindi che la sicurezza affettiva nasce già dal grembo della madre. Quale miglior luogo di condivisione sensoriale se non il ventre materno, dove respiro, contatto e suoni sono una condivisione naturale fra il bambino e la madre ?

Durante il periodo intrauterino l’essere umano viene nutrito, trasportato, cullato e riscaldato. Sente i suoni, le voci, il battito cardiaco della madre e li assimila, si adatta a questo mondo, fino ad essere pronto a nascere. Possiamo pertanto confermare che esiste un senso di sicurezza intrauterina vissuta dal feto e questa sensazione lo lega già alla madre e contribuisce a rafforzare la diade. Grazie all’esperienza fatta nel ventre materno, il bambino si aspetta gli stessi suoni e movimenti del suo vissuto anche in seguito e ne ha bisogno per il suo sviluppo prenatale. Nell’utero le aspettative del bambino sono soddisfatte immediatamente, pertanto, per parlare di ciò che Jean Liedloff definisce il continuum, il suo posto per rispondere alle sue richieste una volta fuori dall’utero, è tra le braccia della madre. È qui che trova armonia e benessere e costruisce un’identità positiva. Dopo il processo della nascita, quando madre e bambino si incontrano sono per la prima volta due individui distinti ed è qui che avviene quel fenomeno emotivo definito imprinting o bonding, una sequenza naturale di stimoli e risposte della diade quando iniziano la loro vita extrauterina insieme. Si riconosce ad esempio dall’istinto radicato nella madre a nutrire e proteggere il proprio piccolo, nonostante la stanchezza, la fame o la sete che la donna puo’ vivere dopo il parto.

La cura del piccolo avviene semplicemente perché lui esiste.

È a partire da questa solida base, che avviene in modo istintivo e naturale, che l’individuo costruisce la sua identità positiva, la fiducia in se stesso, il suo senso di sicurezza emozionale ed affettiva.

La civiltà occidentale ha però imposto pratiche e credenze che rompono il continuum, ne interrompono il processo evolutivo, con rischi futuri per l’individuo, bambino che diverrà poi adulto. Secondo la Liedloff, infatti, è la rottura dell’equilibrio iniziale, a partire dalla separazione madre/bambino dai primi istanti di vita, a varie forme di separazione dalla madre ripetute successivamente, che contribuirà a creare individui sradicati, ansiosi, dipendenti, aggressivi. È necessario riappropriarsi dello stretto legame della diade, nutrito di sguardi, parole, contatto, affinché il bambino divenga un giorno un adulto libero e affettivamente disponibile, riprendendo le parole di Grazia Honegger Fresco. L’endogestazione è completata dall’esogestazione, in una totale dipendenza dell’essere due in uno, preludio di una futura indipendenza. Il “bisogno di mamma” non è un capriccio, come la nostra società ha voluto a lungo pensare, ma una necessità biologica, che il mondo della produttività e dell’efficienza ha voluto negare. Non è tempo sprecato, bensi’ un bisogno innato di avere un referente privilegiato e affettivamente stabile, in un primo legame che con la sicurezza stabile delle braccia materne è strettamente connesso con l’integrità ed il benessere dell’essere umano.

 

1.2      Le basi teoriche.  Da Winnicott, ad Harlow, a Bowlby, ad Isabelle Filliozat.

Come detto prima, l’importanza della relazione madre(genitori)-bambino per lo sviluppo di quest’ultimo viene studiata da quasi un secolo. Gli studi pioneristici di psicanalisti di Winnicott  e Bowlby gettano basi fondamentali.

Secondo Winnicott, il ruolo della madre e dell’ambiente sono essenziali per lo sviluppo del bambino e la costruzione del suo Sé. La funzione naturale della madre viene definita preoccupazione materna primaria, che sta alla base della fusione tra madre e bambino, che non deve essere perfetto e privo di problemi ma sufficientemente buono, per accogliere il piccolo in tutti i suoi aspetti. Tra le teorie legate a Winnicott più celebri mettiamo in luce il concetto di holding, secondo cui la maniera con la quale il bébé viene portato non è un semplice gesto fisico, ma rimanda alla costruzione del legame emotivo e corporale, cosciente ed incosciente, fra bambino e caregiver. Winnicott parla anche di handling, ovvero la manipolazione che passa attraverso gesti come lavare, coccolare, nutrire, toccare, accarezzare, tramite cui il bambino prende poco a poco coscienza del suo corpo.

Anche Harry Harlow sottolinea, tramite i suoi studi ed esperimenti sulle scimmie, come l’attaccamento alla figura materna, fin dai primi stadi del suo sviluppo, sia primordiale e determinante per il futuro comportamento sociale del bambino. Lo psicologo prende tra i suoi riferimenti le teorie di John Bowlby sull’attaccamento.  L’attaccamento viene descritto come “la tendenza innata da parte dei bambini di creare legami affettivi privilegiati con almeno una persona adulta (il caregiver) che si prende cura di loro a partire dal momento della nascita” (Bowlby, 1969). Due sono le modalità di attaccamento: sicuro ed insicuro. Nel primo caso la madre (caregiver) è per il bambino una base sicura nell’esplorazione dell’ambiente circostante. Il pianto nasce dall’allontanarsi del caregiver, ma il bambino sa calmarsi e rassicurarsi al suo ritorno. Con un attaccamento insicuro, il bambino non è spinto ad esplorare l’ambiente intorno a sé, ma vive in uno stato di angoscia il distacco dalla madre. Gli studi successivi hanno individuato altre forma di attaccamento, come quello evitante, dove il piccolo evita il contatto con il caregiver e sviluppa uno stato di indifferenza.

Se fino a questo momento gli studi si concentrano principalmente sul bambino, leggendo la madre come un elemento di riferimento per capire il piccolo, è più recentemente che ci si è focalizzati sul legame madre-bambino già in periodo gestazionale, con un focus più incisivo anche sulla figura materna. Gli studi sull’attaccamento prenatale permettono di mettere in luce la madre come soggetto.

Gli studi di Cranley mettono l’accento sull’attaccamento materno-fetale, definendolo come la misura con cui la donna manifesta comportamenti che rappresentano interazione e coinvolgimento affettivo verso il bambino che porta in grembo. L’investimento varia da donna a donna e si dimostra come la madri con un basso livello di investimento dimostrano successivamente più bassi livelli di relazione post-natale.

L’attaccamento prenatale è sicuramente influenzato da vari elementi, come la relazione con il partner ed il sostegno sociale, nonché sanitario.
La comunicazione madre-feto è inoltre influenzata dai cambiamenti fisici e psichici durante la gravidanza e dalle modificazioni ormonali prodotte.

Il feto è condizionato dagli stati emotivi della madre ed ogni stato emotivo produce delle modificazioni ormonali, che si trasmettono al feto: sia quelle positive (da cui trarrà beneficio), sia quelle negative, come l’ansia.
Questa relazione e comunicazione intrauterina getta le basi per la futura vita extrauterina e la comunicazione della diade.

Alla luce di questi studi, possiamo affermare che il benessere del bambino ed il suo senso si sicurezza affettiva ed emotiva sono quindi strettamente legati all’attaccamento con la madre già nel ventre materno.

Come detto da Isabelle Filliozat, la fonte della nostra sicurezza é la nostra figura di attaccamento. Possiamo parlare di una “bolla” dentro la quale la madre si sincronizza con il suo bambino e viceversa. Questo legame privilegiato riempie il serbatoio affettivo del neonato, che crescendo grazie a questo contatto, nutrimento ed amore incondizionato, imparerà a gestire le sue emozioni e ad esplorare il mondo con fiducia.

 

1.3      Gli strumenti ed i gesti per veicolare e rafforzare l’attaccamento

 

1.3.1     Il contatto mamma-bambino ed i benefici del babywearing nel rafforzare il legame.

Con il concetto di sicurezza affettiva parliamo in particolare dell’importanza del tatto e del contatto.

E quale migliore strumento per veicolare questo contatto e questo legame se non il babywearing ?

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Il Portare, quasi sparito nelle pratiche occidentali fino alla fine degli anni ’70, è un gesto ancestrale.

Il piccolo d’uomo, rispetto agli altri mammiferi, nasce prematuro e non è in grado di sopravvivere in autonomia. Questa sua immaturità spiega il suo bisogno di contatto fisico. Gli antropologi definiscono spesso i piccoli d’uomo “feti ex utero” e, per questo, i supporti del babywearing sono stati soprannominati da alcuni anche come degli “uteri con vista” (a womb with a view). Il bebè trova infatti nell’essere portato molte percezioni sensoriali che ha conosciuto nel ventre materno, grazie al ritmo del battito cardiaco, al dondolamento del corpo, al suono della voce materna, al contatto pelle a pelle.

Numerose sono le regioni del mondo che hanno da sempre praticato il babywearing, ciascuna a proprio modo e secondo la propria cultura. E simbolicamente in certe culture i “supporti” utilizzati evocano proprio l’utero. Si può pensare alle fascie tessute dagli Inca in Colombia con immagini della placenta o alle fasce dei Dogon del Mali tinte di blu indigo per richiamare l’acqua del liquido amniotico.

Secondo alcuni studi antropoligici, il babywearing è uno dei primi strumenti inventati dall’essere umano in seguito all’evoluzione. Se prima il piccolo poteva aggrapparsi al pelo materno o paterno, con la perdita del pelo sul corpo e l’acquisizione della stazione eretta, l’uomo ha dovuto rispondere al bisogno di “aggrapparsi” dei propri cuccioli e forse i primi strumenti di babywearing erano delle pelli di animali portate come una sacca o una tasca marsupiale. Per lo psicanalista Franz Renggli, infatti, il corpo della madre è il “nido” dei piccoli primati, a cui si aggrappano, partecipando attivamente al legame con essa.

L’uomo si classifica quindi come un primate portatore. Il dottor Nils Bergman specialista di babywearing per i prematuri in Sud Africa, definisce il corpo materno come l’ “habitat” naturale del bebè dopo la nascita. Quando ne viene separato, il bambino protesta e può avere uno stress da separazione. Non stupisce di conseguenza che i bambini portati dal caregiver piangono meno, in quanto non hanno bisogno di protestare e cercare di riavvicinarsi al loro “habitat” ed hanno un migliore sviluppo. Non devono economizzare le risposte ai loro bisogni per sopravvivere ad una privazione.

Alla luce delle precedenti considerazioni, possiamo affermare che in Occidente l’arte del babywearing si è persa storicamente, causando una debolezza nel contatto e nel tatto all’interno legame madre-figlio.

Un modello a basso contatto, in cui il bambino deve diventare autonomo il più velocemente possibile ed è definito “bravo” se si addormenta facilmente lontano dal suo caregiver o piange poco, si è radicato nella mentalità occidentale di cui facciamo parte. Il nostro accudimento si è nutrito di tabù sul sonno, l’allattamento, il pianto, che a lungo hanno influenzato ed influenzano il rapporto tra i genitori ed i bambini, a discapito della sicurezza affettiva e dei benefici che ne conseguono.

Oggi, da una cultura del “non viziare”, del lasciar piangere il bambino, del non tener troppo a lungo i bambini tra le braccia, vediamo pian piano un ritorno alle origini e ad un accompagnamento più “naturale”.

Nel resto del mondo invece il babywearing non è mai scomparso. Anche se con pratiche di maternage molto diverse, influenzate dalle usanze ma anche dall’ambiente, il clima, le situazioni socio-economiche, lo stile di vita, tante sono le popolazioni che da sempre portano i bambini dalla nascita in poi.

L’essere portato permette al bambino di trovare un habitat, un terreno conosciuto ed allo stesso modo permette all’adulto di rispondere, senza tardare, ai sui bisogni. Il babywearing permette alla madre di comprendere più velocemente i segnali che il bambino le manda, di decifrarli, di conoscerli meglio. Il beneficio sarà anche quello di sentirsi più sicura nel suo ruolo genitoriale.

Nell’epoca preistorica, portare un piccolo non era solo aiutarlo nel suo sviluppo ed offrire una sicurezza emotiva, ma semplicemente era un mezzo per metterlo in sicurezza fisica, contro i pericoli dell’ambiente. Era troppo rischioso posare a terra un piccolo, facile preda. Ma ancora oggi in alcune parti del mondo, il portare permette di tenere il bebè ad un’altezza sicura e di poterlo sorvegliare dall’adulto. Cosi’ come nelle nostre campagne non tanto tempo fa, le madri lavoratrici portavano i loro bambini per proteggerli dai pericoli degli animali in libertà.

Ecco, quindi, il nesso tra il babywearing e la sicurezza. Il bambino portato si sente al sicuro, fisicamente, emotivamente, affettivamente.

Il babywearing diventa un mezzo meraviglioso per rispondere facilmente ai bisogni del bambino, attraverso il calore ed il contatto, ma allo stesso tempo aprendolo al mondo. Essere portato gli permette di scoprire l’ambiente circostante in tutta sicurezza, di vedere il fuori che lo circonda, l’altro, il vasto mondo attorno a lui, senza esserne minacciato, perché contenuto e protetto dalla mamma o dal papà.

Essere portato è una scoperta del mondo dall’altezza di un adulto. Il bambino è presente nelle attività quotidiane, vede dall’alto lo spettacolo degli altri, le parole, i gesti, la preparazione dei pasti, le visite, le passeggiate. Tutti gli stimoli visivi, verbali, non-verbali, sonori, tattili, sono alla sua portata.

Il bambino partecipa al mondo senza esserne esposto al centro. Nel suo bisogno ancora di fare parte di una diade e del suo tutt’uno con la madre, questa condizione di protezione lo aiuterà ad accettare meglio il suo posto nel mondo, con consapevolezza della sua identità e con autonomia.

Possiamo concludere affermando che il babywearing non è solo un mezzo di trasporto, ma una pratica da usare “senza moderazione”, che non ha controindicazioni e che ha effetti benefici. Più un bambino è portato, più grandi saranno i benefici, per sé e per il portatore.

 

1.3.2      L’allattamento nella costruzione della sicurezza affettiva.

Un’altra sfera importante all’interno della diade e che partecipa al rafforzamento dell’attaccamento e della sicurezza affettiva è quella dell’allattamento.

Come per il portare, anche l’allattamento è stato un argomento controverso nella società occidentale. Non sono poche le madri che abbandonano l’allattamento di fronte alle difficoltà che questo può portare, per mancanza di sostegno, aiuto, ascolto o per giudizi e critiche esterne.

L’allattamento, raccomandato dall’OMS in maniera esclusiva fino al sesto mese di vita, dovrebbe essere una scelta finché mamma e bambino lo desiderano. Spesso pero’ viene interrotto a causa di fattori esterni e non per volere della mamma e del bambino.

Senza elencare tutti i benefici che i componenti del latte materno apportano a livello nutritivo, protettivo e preventivo, non possiamo non sottolineare i vantaggi sia per il neonato che per la madre, che influenzano positivamente il loro rapporto.

I momenti in cui la madre allatta facilitano la relazione affettiva con il proprio bambino. Gli stimoli sensoriali ed emotivi di questo gesto e momento privilegiato di contatto “skin to skin” rafforzano il senso di maternità, protezione e realizzazione. L’allattamento viene infatti definito uno dei migliori esempi di stress positivo.

Inoltre, fra i tanti benefici per la madre, troviamo un contributo importante dell’allattamento nella riduzione delle perdite ematiche, nell’involuzione dell’utero e nel ritorno al perso forma. Ciò permette alla madre di ritrovare più velocemente se stessa ed il proprio corpo, con effetti benefici sulla propria autostima, sull’umore e sulla prevenzione del baby blues, unitamente al contributo della produzione di ossitocina che l’allattamento induce.

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Attraverso l’odore ed il contatto con la pelle della madre, il neonato sarà guidato nell’adattamento alla sua vita extrauterina, sentendosi accolto ed ascoltato da una madre presente, che coglierà meglio i suoi segnali precoci di fame, perché piu’ sicura di sé e protagonista della sua scelta di allattare.

Per questi motivi, è importante promuovere e proteggere l’allattamento. E, di fronte alle difficoltà, servono figure di ascolto e counseling senza giudizio, che rassicurino la madre, la facciano sentire a proprio agio, prestino attenzione alle sue sensazioni e la guidino a livello emotivo e pratico. Quando il bambino si attacca in modo corretto e sicuro, la riuscita e la durata dell’allattamento aumenteranno, con effetti positivi sul legame mamma-bambino.

 

1.3.3      La rete e il supporto alla madre nel sostegno e rafforzamento della diade.

Quando un bebè arriva, l’attenzione è di colpo concentrata sul piccolo, lasciando la madre a sé stessa, con l’idea che il corpo si riaggiusterà da solo poco a poco.

Ma il post-parto non è sempre immagine di pienezza e gioia della maternità tanto attesa. Dopo tanto sforzo dato dai mesi della gravidanza e dal parto, il corpo materno è abbandonato a sé stesso, con l’imperativo di dedicarsi al piccolo arrivato, che richiama tutte le attenzioni. La madre, circondata da giudizi e raccomandazioni di ogni tipo, è spinta alla ricerca dell’essere une “buona madre”, ma si trova presto disorientata e smarrita di fronte a innumerevoli consigli e ad una realtà che non sempre corrisponde alle aspettative che aveva durante la gravidanza.

Stanchezza, baby blues, senso di vuoto e solitudine, kili di troppo e dolori diffusi non sono elementi da sottovalutare. Le conseguenze, a breve e lungo termine, sia sul piano fisico che emotivo, possono infatti essere molteplici.

Se le società tradizionali continuano a mettere in atto principi e gesti di buon senso per sostenere ed aiutare le giovani madri ad affrontare la transizione dalla gravidanza al post-parto, la nostra società mette la madre di fronte ad un “vuoto” poco rassicurante per lei e, di conseguenza, per il bambino.

La madre si trova esposta a :

–         Un vuoto istituzionale. Se la presa in carico della gravidanza è medicalizzata, la tendenza è quella di un’uscita precoce dal reparto maternità una volta partorito. La madre torna a casa con il suo bébé, senza sostegno, informazione ed accompagnamento del “dopo parto”.

–         Un vuoto sociale. In maternità la donna non è piu una donna incinta, né una donna attiva lavorativamente, né una donna con il corpo e l’aspetto di prima. Spesso si sente sola ed isolata, in una sorta di spazio-tempo senza uno statuto.

–         Un vuoto psicologico. Il crollo ormonale inevitabile nel post parto ed il brusco disequilibrio dalla gravidanza all’essere madre sono sicuramete un piccolo choc per la donna. Se la gravidanza permette un adattamento progressivo di 9 mesi, la nascita porta ad una separazione brutale, da un corpo pieno ad un vuoto che non si riconosce più.

–         Un vuoto fisico. I dolori e gli episodi inconfortabili si accumulano nel post parto. Ne sono un esempio i seni doloranti e le possibili difficoltà soprattutto nella montata lattea, le cicatrici post parto, le emorroidi, le contrazioni uterine, i dolori alla schiena e alla nuca, le tensioni alla gambe e la ritenzione, la sudorazione, la mancanza di sonno, il calo di energia e libido…

Come riesce la donna ad aderire al suo ruolo di madre ed essere una presenza sicura per il bambino in questo momento così particolare ?

La sicurezza affettiva della diade è messa a rischio da queste condizioni di vuoto.

Per questo la presenza di una rete di sostegno e aiuto per la madre è essenziale per permetterle il giusto riposo, l’ascolto ed il tempo per se stessa ed il suo bambino.

L’atteggiamento di protezione che avvolge la gravidanza è meno presente nel puerperio, che si concentra sulle aspettative di un madre spinta a tornare in forma il più velocemente possibile. La fragilità e la sensibilità del post parto devono essere accolte diversamente, tornando ad un modello tradizionale che riconosce il puerperio come un periodo a rischio, dove ci si occupa della madre, messa al centro e valorizzata.

La risposta del mondo moderno iperattivo e medicalizzato deve cambiare e ridare spazio all’accoglienza e alla cura, in une sinergia preventiva e terapeutica. Corporalmente e psicologicamente la madre ha bisogno di sostegno per non sentirsi inadeguata.

Nella società tradizionale i compiti pratici sono condivisi dall’entourage della donna per alleggerirla e darle il tempo di scoprirsi madre e di conoscere il bambino, di farsi conoscere e rafforzare il legame della diade. Allo stesso tempo, la rete non è invasione e non si sostituisce alla madre. La madre è protetta dalle intrusioni esterne. La possibile depressione post parto è messa in conto. Si può parlare di un vero MATERNAGE della madre. La brutalità della separazione della nascita viene attenuata dall’attaccamento tra madre e bambino, riconosciuti come individui.

Nella nostra società che si aspetta solo donne per cosi’ dire “modello wonder woman”. Serve una nuova routine, dove non ci sono solo le esigenze del neonato al centro, ma dove, dopo l’apertura del parto, la diade trova la propria consapevolezza e cura in un contenitore che non può essere delegato solo a medici e tecnici. Il sostegno deve avvenire da una rete più solida e da operatori con competenze che vanno oltre il puro aspetto medicalizzato dell’accompagnamento nel dopo parto. Operatori che accolgono la madre e l’aiutano nel suo percorso di consapevolezza del suo ruolo.

La madre deve riappropriarsi del proprio corpo proprio attraverso la consapevolezza. La consapevolezza corporea ed il benessere saranno anche  consapevolezza e benessere psichici, con un approccio fisiologico che influirà sull’accudimento ed il legame con il proprio bambino.

 

 

2        Il ruolo del fitness nel benessere della diade e nella costruzione della sicurezza affettiva del bambino

Possono gli operatori del fitness e del benessere avere un ruolo chiave di fronte a quanto detto precedentemente? Come si può effettuare un’inversione di marcia rispetto al vuoto sociale, psicologico e psichico di oggi, del modello culturale “wonder woman” e di una presa in carico tecnica ed esclusivamente sanitaria?

Il fitness può essere un elemento chiave di prevenzione e di benessere materno. Infatti, la percezione del corpo “integro” ed il ritorno graduale alla normalità per la donna possono essere un sostegno forte alla sua adesione verso il suo ruolo di madre.

Possiamo quindi collocare il fitness nel discorso della sicurezza affettiva ed emotiva?

Come Isabelle Filliozat ha sottolineato, la vita è un continuo movimento e il movimento è emozione.

E = verso l’esterno, mozione = movimento. L’emozione è vita che si muove in noi, un movimento che parte dall’interno e si esprime all’esterno.

Le emozioni sono la chiave per la consapevolezza di sé ed il poterle esprimere liberamente garantisce la salute psichica dell’individuo.

Una madre che può dedicarsi al suo bambino con fiducia e che vive emozioni positive con il suo piccolo ne saprà accogliere e riconoscere al meglio le emozioni. Il bambino, a sua volta, si sentirà accolto e capito nelle emozioni che vive e tenta di trasmettere, soprattutto a seguito di un evento traumatico e doloroso come può essere quello del parto e dalla separazione dalla rassicurante vita intrauterina.

Possiamo allora definire il movimento e l’attività fisica come un veicolo di emozioni. Attraverso il corpo ci si sente, ci si conosce e ci si ri-conosce.

Ciò che dobbiamo ricercare in questo periodo di maggiore vulnerabilità, ovvero la gravidanza ed il puerperio, in cui è complicato e controverso trovare delle linee guida univoche rivolte ad un pubblico non omogeneo, è il senso dell’esercizio fisico.

Accompagnare ed aiutare la donna a ritrovare sé stessa e la sensazione di riappropriarsi di un corpo “integro” non è un fine realizzabile meramente con un atto fisico fine a se stesso, ma comporta un percorso personale ed autentico, intriso di consapevolezza. Il piano mentale non può quindi essere scisso da quello fisico, dando un senso ed un’attenzione ai gesti intrapresi. L’istruttore diviene un educatore, che tramite la sua esperienza personale e l’empatia, accompagna il soggetto mettendosi nei suoi panni, in un cammino verso l’equilibrio ed il benessere.

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Ed è proprio il bambino, già con la sua presenza nel ventre materno, a preparare la madre alla sensibilità ed all’intuitività necessari per raggiungere questi obiettivi. Lavorare sul corpo con attenzione e delicatezza significa anche riconoscere e conoscere anche delle resistenze, che possono essere portate alla luce durante la gravidanza e la maternità, che mettono in contatto la donna con parti del corpo che hanno una loro storia, che possono suscitare dolore, od anche repulsione.

Il percorso motorio non fine a sé stesso significa saper ascoltare questi aspetti senza giudizio ed accoglierli, farli emergere. Ne è un esempio il lavoro sul pavimento pelvico, che ricontatta una parte del corpo spesso legata a tabù, patologie e storie personali.

Il corpo è il custode dei nostri vissuti e, per elaborarli, l’operatore è presente per accompagnare la madre nell’ascolto e nella relazioni fra le parti del corpo, attraverso tecniche di respirazione, esercizi posturali, mobilizzazioni, lavori multi disciplinari che, congiunti all’aspetto psichico, possono aiutare a sciogliere i blocchi che giungono alla coscienza durante il percorso della maternità.

La visione idilliaca dell’esperienza materna, di cui è intrisa la nostra cultura, mette in luce l’aspetto prettamente accettabile e rassicurante del “dare alla luce” e sentirsi madre. Rimane in ombra l’esperienza più cruda che lega il corpo gravido alla nostra animalità. In quello scindersi dal due in una, citando Hannah Arendt, che apre il corpo, organismo, vita pulsante, da singolare a plurale. Il venire al mondo è una frantumazione, una scissione del corpo e nel corpo materno.

Come può una donna affrontare e ritrovare la propria integrità da sola ? Una madre non affronta solo un processo biologico, poiché l’esperienza materna è più intima, viscerale. Un “tremendo” di cui parla Elena Ferrante nella Frantumaglia, verso cui l’essere umano prova attrazione e repulsione.

Un’elaborazione consapevole è quindi una necessità per aderire al proprio vissuto, al proprio corpo e ruolo di madre.

 

 

3        Il fitness consapevole post natale e il benessere mamma-bambino nella pratica :

3.1      L’accompagnamento personalizzato della donna tramite ascolto e senso: l’operatore come educatore alla consapevolezza.

La ripresa dell’attività fisica dopo la gravidanza è associata ad una diminuzione della depressione post-partum.

Possiamo pertanto affermare che il binomio movimento fisico e benessere materno sostiene la diade ed il legame mamma-bambino. Una madre accompagnata nel suo percorso di remise en forme avrà infatti notevoli benefici per la sua sicurezza e la sua autostima e, di conseguenza, per la sicurezza affettiva del suo piccolo.

L’attività fisica deve però essere ripresa gradualmente. Non con l’obiettivo di tornare in forma il più in fretta possibile, ma con lo scopo di ri-sentire il proprio corpo, con i tempi necessari, variabili da persona a persona. L’esercizio fisico ripreso con fretta e senza una reale consapevolezza, invece di alleviare lo stress, ne può essere la fonte, diventando un fattore aggravante.

La ripresa e la routine degli esercizi devono essere personalizzati, in quanto dopo quattro o sei settimane dal parto persistono ancora i cambiamenti fisiologici e morfologici della gravidanza e la ripresa dell’attività dipende dai cambiamenti di ogni donna, dalla sua forma fisica pre-esistente, nonché dalla gravidanza, dal parto, dalla salute nel post partum, della madre e del bambino.

Nella programmazione del lavoro motorio ogni operatore deve incoraggiare la singola  donna all’ascolto, a prendersi il proprio tempo ed a seguire le linee guida raccomandate.

Il monitoraggio della salute della madre è fondamentale da parte dell’operatore :

  • si è assicurato che il pavimento pelvico abbia recuperato la sua funzionalità?
  • gli esercizi proposti sono adatti al livello di forza e controllo del core della cliente?
  • gli esercizi sono rivolti ad una consapevolezza posturale?
  • Ci sono fasi di rilassamento?

Non soltanto l’attività motoria deve essere individualizzata, ma per la stessa cliente i livelli di energia possono variare ad ogni sessione di allenamento. L’allattamento, il sonno disturbato, le nuove routine possono cambiare l’andamento dell’attività motoria. Inoltre l’attività motoria deve essere adattata in seguito ad un parto con taglio cesareo, donne con diastasi dei retti, dolori alla schiena, dolori nella zona pelvica ed altri fattori di rischio.

Secondo le linee guida alla “Health and Fitness Industry Association” australiana del 2013, la programmazione del lavoro deve essere graduale e rispettare quanto segue  :

0 – 3 settimane dopo il parto

In questo periodo nell’immediato post partum si evita ogni sovraccarico. Ci si concentra sul risentire ed il riappropriarsi del corpo, senza intervenire sulla tonificazione.

Il programma può includere la camminata, l’ascolto del core e della muscolatura addominale profonda e gli esercizi semplici del pavimento pelvico.

L’attività di contrazione dei muscoli perineali deve essere leggera, per decongestionare le strutture perineali.

3-8 settimane dopo il parto

I programmi di allenamento di gruppo o in autogestione sono consigliati solo dopo la visita alle 6 settimane dal parto.

Si possono poi intraprendere :

Camminata

Nuoto

Esercizi in palestra : pesi leggeri associati alla respirazione ed esercizi posturali

Acquagym ed aerobica a basso impatto

Esercizi per il pavimento pelvico

8-12 settimane dal parto

Gli stessi esercizi possono proseguire, aumentandone gradualmente l’intensità.

12-16 settimane dal parto

Si possono riprendere attività ad impatto maggiore ed esercizi di addominali regolari, una volta valutata la stabilità e la competenza del core.

Dopo 16 settimane dal parto

Se si valuta che il pavimento pelvico ed il controllo del core siano tornati alla normalità e se non ci sono complicanze pre e post natale, come diastasi e dolore pelvico, si potranno intraprendere le attività motorie precedenti alla gravidanza.

Segnali come pesantezza pelvica e vaginale, dolore alla schiena o perdita di urina durante o dopo l’attività fisica sono campanelli d’allarme per rallentare e ridurre l’intensità dell’attività motoria. Fenomeni come l’incontinenza richiederanno inoltre un’assistenza specialistica.

Se parliamo di un ascolto attivo e di senso dato nell’accompagnamento all’attività motoria, capiamo ovviamente come questi tempi “protocollari” non siano linee che devono rimanere flessibili e soggette alla personalizzazione ed all’approccio individuale.

Ogni madre è une persona differente, con un percorso ed una storia personale. Scandire il lavoro con modalità e tempistiche “standard” che seguono solo le linee guida sopracitate può compromettere l’obiettivo dell’operatore ed arrecare danni alla donna.

Per questo l’operatore ha un ruolo essenziale e complesso. Non deve solo dare le indicazioni corrette per la comprensione dell’esercizio da svolgere da parte della donna, ma deve osservare la sua risposta e valutare il suo feedback e le sue sensazioni di sforzo e dolore, per adattare e rimodellare l’attività su ogni singola persona.

Questo tipo di attenzione ed ascolto eviterà danni ai tessuti, compensi e reclutamenti muscolari scorretti, sovraccarichi e mancanza di consapevolezza.

Tra le qualifiche dell’Ente di Promozione Sportiva CSEN viene riconosciuta la figura del Maternal Personal Trainer (MPT). La sua funzione si distanzia dal ruolo tradizionale del personal training, non solo per le sue competenze specifiche nella gravidanza e nel puerperio, ma anche nel suo approccio.

Possiamo parlare infatti di un operatore dell’accompagnamento alla nascita e nel post nascita.

È un orientatore che, senza pregiudizi, si allontana da un approccio direttivo, per entrare in una vera propria consulenza e “relazione d’aiuto”, che lavora verso l’autostima, l’autodeterminazione e l’empowerment di ogni singola donna, ascoltata ed accolta nella sua individualità.

Il MPT è un educatore che riconosce le competenze già presenti nella donna e l’accompagna nel riconoscerle e valorizzarle in un percorso di crescita personale.

È un facilitatore in quanto gli esercizi proposti portano la donna ad ricongiungersi con il suo corpo, in dinamiche motorie pluridisciplinari proposte sia in forma individuale che di gruppo. La donna troverà dinamiche motorie diverse, une proposta varia, capendo e scegliendo la forma più adatta al suo corpo ed al suo Io. Svilupperà una relazione paritaria e di fiducia con l’operatore, grazie al suo metodo di ascolto, di contatto visivo, di vicinanza e di un suo porsi sullo stesso piano durante la pratica motoria. Questo approccio nutrirà la sua autostima e senso di sicurezza.

 

3.2      Verso la consapevolezza corporea con e grazie al bambino: la diade in movimento.

Spesso la nascita di un bambino comporta un dimenticarsi di se stesse da parte della donna. Il neonato viene visto come un ostacolo alle attività ed alla vita precedente all’essere madre e la donna si preclude momenti ed attività che sarebbero invece un beneficio per il corpo e la mente.

Uno dei motivi per cui la neomamma non è costante o non inizia a svolgere attività fisica è la mancanza di tempo. Le giornate sono scandite da un ritmo dettato principalmente dai bisogni del bambino.

Inoltre, dopo la fatica del travaglio e del parto e a causa degli enormi cambiamento ormonali, gli sbalzi d’umore sono molto frequenti. L’instabilità emotiva che spesso colpisce le donne, unitamente all’accudimento del bambino che assorbe la neomamma 24 ore su 24, giocano un ruolo nella scelta di intraprendere o tornare a svolgere un’attività motoria.

Le sensazioni di disagio, tristezza, stanchezza verranno percepite dal bambino, che di conseguenza sarà più irrequieto, dormirà meno o piangerà, creando un circolo vizioso che alimenterà la fatica ed il senso di incapacità della madre, nonché la sua mancanza di tempo per dedicarsi a se stessa.

Il baby blues ed i sintomi depressivi, in vari gradi, insorgono generalmente nei primi tre mesi dopo il parto. Di solito le emozioni di ansia, tristezza, confusione mentale che si verificano nel primissimo post parto sono uno stato transitorio.

Man mano che il bimbo cresce e la madre riprende le sue attività quotidiane e grazie al sostegno e all’aiuto pratico e psicologico del suo entourage, i sintomi si risolveranno spesso da soli. Se il problema invece persiste dovrà essere accompagnato da professionisti in modo appropriato, per evitare una reale depressione materna, che influenzerà anche lo sviluppo emotivo, sociale e cognitivo del bambino.

Un valido aiuto per limitare il disagio materno e le emozioni negative è rappresentato proprio da una sana attività fisica.

Rari sono i centri sportivi e le palestre che accolgono le madri con i bebè con spazi adeguati, attenzione ed ascolto alla diade.

Nella maggior parte dei casi, la donna non si sente accolta, non trova operatori e corsi corrispondenti alle sue esigenze, non ha molto tempo e, non accettando il proprio corpo così cambiato, si trova spaesata e demoralizzata di fronte alle pressioni di una società che la guarda con occhio critico, spingendo in modo poco realistico ad un ritorno in forma immediato.

Questi elementi non saranno un input verso il movimento e la remise en forme.

Invece, offrire uno spazio ed un tempo individualizzati per la donna e la diade dovrebbero essere scontati nella nostra società. Frequentare una piscina, una palestra con altre mamme che vivono le stesse esperienze emotive è di sicuro un sostegno importante per alleviare i sintomi di disagio e tristezza. Un’attività fisica sana e costante può inoltre migliorare l’accettazione di sé, del proprio corpo, portando la donna a ritrovarsi e piacersi di nuovo.

Non ultimo, la possibilità di svolgere attività fisica con il proprio bambino puo’ motivare la donna ad attivarsi quando le sembrava di non averne il tempo, con riscontri più che positivi nel legame affettivo e nell’armonia della diade.

 

3.2.1      Esempi di esercizi di remise en forme con il bambino.

Recuperare la propria forma fisica e ritagliarsi un tempo di svago ed attività motoria insieme al proprio bambino è possibile. Anzi, trovare uno spazio ed un tempo per l’esercizio fisico insieme al proprio piccolo dovrebbe essere di facile accesso per la donna, con le dovute accortezze.

L’essenziale è che il bambino abbia il controllo del capo, per evitare traumi della schiena, soprattutto a livello cervicale, poiché la maggior parte degli esercizi con il bebè sono in movimento.

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Inoltre, il bambino che partecipa all’attività rappresenta un carico aggiuntivo negli esercizi. Pertanto, la madre deve avere già acquisito dimestichezza con le basi della consapevolezza corporea :

– Prima mobilitazione del bacino.

– Prima tonificazione.

– Tonificazione singola, ovvero gli esercizi della neomamma da sola sul tappetino.

I bambini dopo i 6-8 mesi possono avere già raggiunto un certo peso, per questo il carico non deve essere controproducente per la donna, che deve svolgere gli esercizi con consapevolezza e in totale sicurezza, guidata in questo dall’operatore.

Inoltre, le donne che allattano dovrebbero nutrire il bambino prima dell’attività per evitare di sentire disagio o seno dolorante. Allo stesso tempo, perché il bimbo non sia troppo eccitato e fatichi in seguito ad addormentarsi, gli esercizi non andrebbero eseguiti subito dopo la poppata o poco prima della messa a letto.

Gli esercizi ideali per iniziare l’attività motoria mamma-bambino sono quelli di consapevolezza corporea quali:

Esercizio 1 : retroversione e antiversione del bacino o “sedia a dondolo”.

La donna è supina, con le ginocchia piegate. Il bambino è seduto sulla mamma, a livello del pube. Sorretto con le mani, il piccolo può afferrare i pollici o gli indici della mamma. La donna effettua una retroversione ed un’antiversione del bacino. L’attivazione del pavimento pelvico avviene in retroversione mentre l’antiversione porta ad un rilassamento.

Esercizio 2 : orologio pelvico.

Dalla stessa posizione si passa all’esercizio dell’orologio pelvico, lavorando su tutti i punti del bacino.

Con queste mobilizzazioni la testa del bambino viene sollecitata, per questo è importante lavorare in sicurezza e con bimbi con una tonicità del capo già acquisita.

In seguito, l’operatore può proporre alla madre di passare ad un’attività di prima tonificazione con il bambino e tra gli esercizi che la donna può svolgere con il suo piccolo troviamo:

Esercizio 3 : “one leg stretch”.

Dopo un’inspirazione, in espirazione la madre attiva il pavimento pelvico ed estende la gamba, facendo attenzione alla postura del corpo e tenendo il bambino, sempre seduto sul ventre, in sicurezza, con le mani in suo sostegno.

Si aggiunge poi eventualmente un giro della gamba, effettuando il “one leg circle”, facendo attenzione a non aprire eccessivamente la gamba verso l’esterno per non perdere l’equilibrio. Questa variazione può essere fatta con la gamba tesa oppure, se troppo intenso per l’utente, con la gamba piegata.

Foto: sessione di remise en forme individuale. Forlimpopoli, 2024

Esercizio 4 : addominali con “bacio”.

Il bimbo è seduto sulla parte inferiore del trasverso, le sue mani si aggrappano alle dita della mamma, che inizia gli addominali in espirazione. La mamma può raggiungere il bimbo per dargli un bacio durante l’esercizio.

Esercizio 5 : esercizi con la sedia.

I talloni si appoggiano alla sedia. Questo permette alla mamma di usare le cosce come sostegno alla schiena del bambino, sempre seduto sull’addome con il centro poco al di sotto dell’ombelico (a livello del dantien, area così definita dalla medicina tradizionale cinese e nelle arti marziali), con le mani aggrappate a quelle della mamma.

In espirazione, la mamma spinge un tallone verso la sedia, attivando il pavimento pelvico.

Oppure invece di spingere, la mamma può sollevare leggermente un tallone alla volta od entrambi, in espirazione. L’attenzione deve essere posta sulla zona lombare, che non deve appiattirsi, in quanto la postura deve essere costante nell’esecuzione degli esercizi.

Esercizio 6 : variazioni del ponte.

Una versione con la sedia è l’allungamento delle gambe che fanno alzare il bacino in espirazione.

La mamma può fare anche un ponte dove solleva il bacino, con i piedi sempre appoggiati alla sedia, une vertebra dopo l’altra, molto lentamente.

Un’altra variante è quella di incrociare una gamba sull’altra, con la caviglia di una gamba appoggiata sul ginocchio opposto, salendo in ponte con l’appoggio solo di una singola gamba. Ci sarà una piccola retroversione del bacino, senza effettuare un eccessivo sollevamento.

Senza la sedia invece la mamma potrà sollevare una vertebra alla volta, in posizione supina con il bambino seduto sulla zona pubica. Con questo esercizio la donna può lavorare sulla tenuta, mantenendo più a lungo, all’incirca tre respirazioni, la posizione sollevata e la contrazione.

L’operatore può proporre di lavorare con dei rialzi, appoggiando i talloni sopra di essi ed effettuando il ponte, anche nella variante con una gamba piegata sull’altra.

Esercizi con la palla.

La mamma può lavorare aumentando l’intensità degli esercizi, poco a poco.

Ad esempio, si può inserire una palla. Posta fra le ginocchia, in posizione supina, con il bambino sempre seduto sul dantien, salendo nel ponte, la donna può stringere la palla fra le gambe durante l’espirazione. Questo può essere fatto con più contrazioni ripetute durante l’espirazione, come delle pulsazioni, oppure mantenendo la contrazione per più tempo, durante più cicli respiratori.

L’esercizio con la palla può essere svolto anche con la semplice retroversione, senza che la donna si sollevi in ponte.

Esercizio dell’aeroplano.

Indicato con i bambini dai 7 – 8 mesi in su, la mamma può sdraiarsi e, sollevando le gambe piegate, posiziona il bambino seduto sulle caviglie. Il piede a martello garantisce un miglior sostegno dietro al bimbo. Tiene anche le sue manine per lavorare in sicurezza. L’esercizio è poi quello di estendere e richiamare le gambe con la testa leggermente sollevata.

Oppure, con le braccia perpendicolari al corpo la mamma solleva il bambino, tenendolo dai fianchi. Le gambe sono piegate e vanno lateralmente in espirazione, mentre le braccia si spostano verso il lato opposto, come uno spine twist. Il movimento è lento, di controllo, anche perché il bambino partecipa all’esercizio e va accompagnato con delicatezza.

Gli esercizi sopra elencati sono solo un esempio di partenza, ma l’operatore e la mamma possono lavorare con creatività una volta acquisita consapevolezza. Il bambino rappresenta infatti un carico aggiuntivo in tanti esercizi di fitness, come nello squat o negli affondi.

Una donna che ha acquisito consapevolezza corporea, grazie a basi radicate di attivazione della muscolatura profonda e controllo del movimento, può inserire nel suo allenamento molteplici esercizi a corpo libero, con un accento sulla sicurezza del suo bimbo. Potrà poi considerare di aumentare l’intensità dell’esercizio grazie all’uso della banda elastica, della palla o del circle, sempre valutando il feedback del bambino ed evitando le sollecitazioni che possono arrecargli disturbo.

Il bambino troverà gioia nel partecipare all’esercizio con la madre, vivrà il momento privilegiato di contatto e svago insieme alla sua figura di accudimento e tramite il contatto, gli sguardi ed il movimento, il suo legame e ed il suo senso di sicurezza affettiva non potranno che trarne beneficio.

 

3.2.2      Camminata con il bambino in fascia: un altro esempio di partecipazione del bambino per il benessere della diade

Un altro esempio di attività motoria di facile accesso per la madre in cui il bambino può essere coinvolto è il Nordic Walking, ovvero in italiano la Camminata Nordica. Questa pratica nasce molti anni fa nei paesi scandinavi e rappresenta una disciplina sportiva dove, a differenza della tradizionale camminata, si usano appositi bastoncini, che non sono un appoggio ma danno una spinta. Anche se ancora poco diffuso, si inizia a declinare questa disciplina in Maternal Walking. Unendo alla semplice camminata un vero e proprio esercizio, il Maternal Walking agisce su gran parte della muscolatura corporea ed è benefico nella gravidanza e nel puerperio, poiché rappresenta un’attività motoria di facile esecuzione e adatta a tutte le donne.

Un punto di forza nel proporre quest’attività motoria durante la gravidanza risiede proprio nell’uso dei bastoncini, che sono ben accettati trasmettendo un’idea di sicurezza in un periodo in cui il corpo perde la stabilità e l’equilibrio a cui la donna era abituata. In seguito, si può proporre durante il puerperio grazie al babywearing, che permette di far muovere la donna insieme al suo bambino ma mantenendo la libertà di movimento delle braccia.

I punti principali della tecnica dove andare a lavorare sono:

  • il coordinamento tra il movimento delle gambe e quello delle braccia;
  • la postura eretta;
  • l’ampiezza dei movimenti;
  • il rilassamento delle spalle;
  • il coordinamento tra la chiusura e apertura delle mani e il movimento delle braccia.

Una serie di esercizi progressivi e graduali permette di acquisire con facilità la tecnica e di poterla praticare con molta naturalezza. Il Maternal Walking è un’attività sportiva adatta a tutte le gravide e puerpere, anche a quelle che non hanno mai praticato il Nordic Walking o un’attività sportiva in generale. L’attività prevede un incontro a settimana di un’ora circa, e l’impegno richiesto è quello solo della presenza e dell’acquisto dei bastoncini.

Tra i benefici del Maternal Waling in gravidanza e nel post parto possiamo annoverare :

  • un miglior controllo del peso;
  • giovamento per la postura;
  • aumento della flessibilità e della mobilità delle articolazioni con miglioramento in casi di pubalgia e lombalgia;
  • migliore circolazione cardiovascolare;
  • prevenzione e controllo del diabete pre-gravidico e gestazionale, ipertensione pre-gravidica ed ipertensione in gravidanza;
  • prevenzione dello stress e della depressione post-partum;
  • ha inoltre effetti diretti sul benessere del feto, migliorando la perfusione utero-placentare ed innescando meccanismi di bonding prenatale.

Come anticipato prima, per quanto riguarda il puerperio, in mancanza di tempo per sé, il Nordic Walking può essere una proposta allettante per le mamme che dopo il parto vogliono svolgere l’attività fisica portando con sé il loro bambino in fascia.

Il babywearing è un ottimo alleato di questa disciplina perché il portare permette di camminare con l’aiuto dei bastoncini senza avere intralci. Il bambino a stretto contatto con la mamma vivrà l’emozione di essere cullato dal movimento oscillatorio della camminata.

Il Nordic Walking nel dopo parto è funzionale quindi sia per la ripresa fisica della neo mamma ma anche nel sostenere la diade ed il legame mamma-bambino.

In particolare, l’attività si presta a mamme con bambini che ancora non sono in grado di mantenere la postura eretta o seduta, ma possono “allenarsi” con la loro mamma grazie alla fascia o ad un marsupio ergonomico.

Contenuti e ben sorretti, i bambini accompagneranno la madre sentendosi in totale sicurezza.

Non va però dimenticato che il bambino rappresenta per la madre un carico aggiuntivo. Per questo l’accento va posto sulla consapevolezza della donna verso la sua postura, il pavimento pelvico e l’attivazione della muscolatura profonda.

Gli squilibri portati dalla gestazione e dal post parto verranno gradualmente riequilibrati tramite esercizi di mobilizzazione, unitamente ad una corretta respirazione ed attivazione muscolare, per l’acquisizione di una postura corretta.

La consapevolezza della madre l’aiuterà a gestire il sovraccarico sul corpo dato dal bambino, che porta ad una modificazione della schiena della donna.

Con i bambini più grandicelli, che hanno un peso maggiore rispetto ai bambini di qualche mese si potrà posizionare il bambino sulla schiena, così da bilanciare meglio il proprio peso.

Tra gli aspetti benefici non secondari del Nordic Walking per la mamma e la diade ci sarà anche l’aspetto sociale. Le uscite di gruppo, insieme ad un istruttore qualificato, oltre alla positività di svolgere un’attività all’aria aperta, permetteranno il contatto, la nascita di nuove relazioni e lo scambio di sostegno tra mamme, fondamentale in una fase delicata come quella del puerperio.

CONCLUSIONI

Dopo aver compreso l’importanza della diade, partendo dalle basi teoriche della sicurezza emotiva ed affettiva del bambino e della madre, ho sottolineato l’importanza dell’attività motoria per la donna, come elemento cruciale per il suo benessere, ed anche per quello del suo piccolo.

Se nel passato la pratica motoria per la donna nella gravidanza e nel post parto è stata avvolta da un senso di protezione, senza linee guida e basi scientifiche, ed era vista quasi come un pericolo per il nascituro e per il corpo della donna dopo l’evento del parto, oggi si stanno diffondendo pratiche dolci e rispettose, con un focus maggiore sul benessere di un’utenza così particolare.

Tale pratica motoria si allontana da modelli orientati alla “superficie”, lavorando in chiave preventiva e curativa. L’accento di questo approccio ha come obiettivo la salute e non la malattia, concentrandosi sul benessere della gravidanza e non sul dolore ed i fastidi, cosi come nel post-parto il recupero e il ritorno alla forma fisica non devono concentrarsi sull’estetica e la performance ma sulla cura, la consapevolezza e l’educazione alla salute.

Lo sport diventa un mezzo per stare bene, non una prestazione.

Accompagnare la donna sulla base di questa filosofia è una sfida importante. Per questo motivo servono operatori competenti, non solo nelle loro conoscenze teoriche e pratiche ma anche nelle loro capacità relazionali e pedagogiche. Un operatore preparato ad accogliere la madre ed anche la diade non lavorerà in modo standard, controproducente ed unidirezionale, ma sarà un aiuto per la madre verso la propria realizzazione personale, per aderire alla sua nuova identità, tramite quello che non è mero esercizio fisico, bensì un’educazione motoria intelligente ed individualizzata.

Questo modello di fitness per la gravidanza ed il puerperio può essere definito consapevole, perché rispetta i tempi ed i bisogni dell’utente e degli utenti, includendo anche il neonato, e li indirizza all’ascolto del proprio corpo e delle sue potenzialità.

Le donne possono essere guidate da operatori preparati e trovare risposte alla loro voglia di tornare in forma e alle domande sul come e quando farlo.

Inoltre, le donne che vogliono vivere appieno la propria maternità, hanno anche la possibilità di prendere contatto con il proprio corpo praticando un allenamento in compagnia del loro bimbo. I professionisti possono quindi pendere in carico la madre e la diade, partendo da un lavoro di consapevolezza corporea, per poi arrivare alla tonificazione e ad un lavoro di remise en forme vero e proprio.

Molteplici sono gli esercizi e le discipline che possono essere proposte da questo approccio e, come visto nei capitoli precedenti, ne sono un esempio gli esercizi di remise en forme con il proprio bambino o pratiche come la Camminata consapevole, dove il babywearing diviene un alleato chiave.

In conclusione, il puerperio e non solo la gravidanza sono occasioni preziose per iniziare o continuare un’attività fisica e gli esercizi mamma-bambino possono portare ad un lavoro in gruppo con altre mamme in modo tale da avere non soltanto un miglioramento del benessere fisico e psicofisico, ma anche di costruire una rete preziosa, con cui confrontarsi ed affrontare al meglio la sua nuova condizione di madre.

 

FONTI

BIBLIOGRAFIA

Fitness consapevole in gravidanza e post partum, Mammole

Les bienfaits du toucher, Tiffany Field (Payot, 2003)

Porter bébé, avantages et bienfaits, Claude-Suzanne Didierjean-Jouveau (Jouvence, 2005)

Le emozioni dei bambini, Isabelle Filliozat (Pickwick, 2019)

Bébés du monde, Béatrice Fontanel e Claire d’Harcourt (La Martinière, 1998)

Mon corps après bébé, Dr Bernadette de Gasquet (Marabout, 2018)

Perineo, fermiamo il massacro! Dr Bernadette de Gasquet (Edi.Ermes, 2014)

Sono qui con te, l’arte del maternage, Elena Balsamo (Il leone verde, 2014)

Corso Peer Allattamento, Martina Branciforte (Mammole School)

In forma dopo il parto, Annalisa Zocco (Red Edizioni, 2003)

Donne che allattano cuccioli di lupo, icone dell’ipermaterno, Adriana Cavarero ( LitEdizioni, 2023)

Il concetto del continuum. Ritrovare il ben-essere perduto, Jean Liedloff (Edizioni la Meridiana, 1994)

 

FONTI VIDEO:

 Remise en forme, core power, fitness in puerperio (videolezioni Mammole)

 Attività fisica mamma bambino (videolezioni Mammole)

 

SITOGRAFIA

https://www.stateofmind.it/2015/09/attaccamento-regolazione-emotiva

https://www.cesenatoday.it/eventi/baby-nordic-walking-in-forma-con-il-bebe

https://nordicwalkingvolpiano.com/2018/01/01/il-babywearing-camminare-con-il-cucciolo-di-uomo

 

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